Il Governatore ha tutta l’aria di voler fare sul serio
di Fabrizio Salvatori su Liberazione del 14 ottobre 2009
Aumento «significativo» dell’età pensionabile, maggiore flessibilità per chi rimane a lavorare, e più spazio per la previdenza complementare, anche attraverso una legge. E se gli effetti della crisi si fanno sentire oltre le previsioni ecco una bella riforma degli ammortizzatori sociali. L’ultima ricetta del Governatore di Bankitalia Mario Draghi sulle pensioni è a tutto tondo. Una proposta dagli accenti fortemente politici, da presidente del Consiglio in pectore. Non a caso, oltre al no, con qualche lieve sfumatura, dei sindacati l’esternazione si tira dietro il borbottìo di alcuni esponenti di palazzo Chigi e il sì convinto di Confindustria, Idv e Pd. Draghi studia da premier? In testa un paio di leggi ce l’ha già. La prima, per spostare verso la previdenza complementare «una quota limitata della quota destinata alla previdenza pubblica, che è pari a 33 punti percentuali del salario». La seconda, per riformare gli ammortizzatori sociali, argomento al quale ha dedicato ieri gran parte del suo intervento a Torino al Collegio Carlo Alberto. Una riforma che vada nel senso dell’aumento della platea. Non gratuita, certo, e che abbia come contrappeso una minore tutela sulla conservazione del posto di lavoro.
Le reazioni alla proposta se da una parte hanno spaccato la maggioranza, dall’altro presentano posizioni che non hanno un unico comune denominatore. La Cgil, già immersa in pieno clima congressuale, presenta la maggiore variazione di toni. Per il leader Guglielmo Epifani, «se si vuole discutere di pensioni e sistema previdenziale bisogna recuperare un’idea contenuta nella riforma Dini molto attuale, e cioè la flessibilità dell’età di uscita di vecchiaia, ma soprattutto bisogna considerare che quello dell’età è solo un aspetto di un problema molto più ampio e serve un tavolo per discutere». Molto più duro il giudizio di Morena Piccinini, della segreteria naizonale e responsabile del settore Previdenza. «Inaccettabili, contraddittorie ed anche fuori dal tempo», ha detto. «Mentre stiamo vivendo il più grande periodo di crisi mai visto – afferma in una nota – parlare di innalzamento dell’età di pensionamento appare francamente fuori dalla realtà, così come appare del tutto assurdo pensare di diminuire la contribuzione che viene versata al sistema pubblico per dirottarla verso la previdenza complementare». Secondo la Piccinini, «il tutto si tradurrebbe in un danno enorme per i lavoratori, visto che sostanzialmente la proposta è quella di diminuire il trattamento previdenziale pubblico obbligatorio, in favore di una previdenza complementare che diverrebbe sempre più sostitutiva e non integrativa del sistema pubblico». Posizione molto netta anche da parte del segretario nazionale della Fiom, Giorgio Cremaschi. «Proporre di innalzare l’età pensionabile quando le aziende oggi si liberano – sottolinea Cremaschi – appena possono di tutte e tutti coloro che superano i 45-50 anni, significa creare precariato anziano in concorrenza con quello più giovane».
Del resto, i dati dell’Inps e quelli dell’Inpdap parlano di cifre che sulla spesa pensionistica sono perfettamente in linea con l’equilibrio. Se l’istituto di previdenza del settore pubblico ha qualche acciacco (7 miliardi di disavanzo nel 2009) non deriva certo dalla spesa previdenziale ma, come ha specificato ieri il suo presidente Paolo Crescimbeni nel corso della presentazione del Rapporto sull’Istituto, ieri, alla Camera dei Deputati, è da mettere in relazione alle conseguenze della legge finanziaria 2008 sui conti dell’istituto. «Di fatto – ha sottolineato da parte sua il presidente dell’Inps Mastrapasqua – già nel decreto anticrisi esiste la norma che adegua l’età pensionabile all’aspettativa di vita a decorrere dal 2015. Ora – ha aggiunto – va verificato l’impatto della norma sui conti da parte degli uffici della Ragioneria con il supporto dell’Inps». In ogni caso, «oggi con la riforma Dini che va a regime piano piano e con questa norma il sistema tiene» ed infatti «i conti dell’Inps lo dimostrano». Per il segretario del Prc Paolo Ferrero, quelle di Draghi sono proposte «sbagliate e inaccettabili». «Aumenterebbe subito la disoccupazione giovanile, peggiorerebbe l’occupazione e la disastrosa crisi economica e sociale che stiamo vivendo si aggraverebbe di molto», ha aggiunto. «Draghi vuole solamente difendere i peggiori poteri forti e tutti gli interessi costituiti del nostro Paese, dalla rendita all’impresa fino agli evasori fiscali, cercando di scaricare per l’ennesima volta i costi della crisi sulle spalle dei lavoratori. Non glielo permetteremo».