di Enrico Pellegrini
Report dall’Abruzzo in ginocchio
Sono arrivato a San Biagio, frazione della già piccola Tempèra, ieri verso l’ora di pranzo.
La prima cosa che mi ha subito colpito è stata la pazienza e la dignità di queste persone, di questo popolo buttato fuori di casa, di questa comunità violentata e smarrita.La cucina del campo, gestita dai compagni e le compagne del partito aperta dalle prime ore del mattino per colazioni e ristoratore caffè fino alla tarda notte, passando per due pasti per le persone del campo, volontari, protezione civile… a volte mandiamo anche pasti per altri campi, o per squadre che lavorano in esterna,
La ludoteca, dove compagni e compagne fanno giocare i bambini, li distraggono, li fanno disegnare e fare qualche compito, giusto per non perdere l’abitudine e l’allenamento allo studio.
Il tendone polivalente, ancora in elaborazione, un luogo dove sarà possibile sia vedersi un film con il televisore portato fin dalla Toscana, sia distrarre i bimbi con i cartoni animati, sia guardarsi un telegiornale, cercando quella normalità che sembra distante anni luce.
A completare il tutto ci sono i magazzini sia di vestiti, coperte, materiali per l’igiene, sia quello alimentare così prezioso e delicato.
Se i compagni dai territori ci assistono la prossima settimana tenteremo di aprire un nuovo spaccio popolare e gratuito dove più campi potranno attingere e rifornirsi direttamente dato che i preziosi materiali raccolti dalle federazioni arrivano in grande quantità in un flusso ininterrotto, quasi ingestibile.
La federazione di Pescara, punto logistico preziosissimo ha una lista di volontari disponibili a darci una mano quasi interminabile, ma bisogna necessariamente dilazionare e razionalizzare questa grande risorsa. Sarebbe inutile cogliere tutta assieme questa grande partecipazione rischiando poi di non assicurarne una continuità nel tempo. Chi ha voglia di dare una mano inizia a capire quando, magari tra un mese o due potrebbe prendere ferie o venire per una settimana intera, magari specificando le competenze.
Prima di chiudere questo breve report scritto di getto rubando l’unico pc del campo non posso non dire due cose:
La prima è la condizione del paese dove ci troviamo… non è possibile girare troppo per il centro del paese, anche perchè non è affatto sicuro, quel poco che ho visto però mi ha molto colpito.
Nel centro del piccolo paese molte case sembrano esplose, minate dall’interno, letteralmente franate, altre invece hanno le facciate quasi intatte, ma se fai il giro intorno vedi che ne manca metà, altre ancora hanno crepe che ti invitano a stare lontano, a non avvicinarti ed è un invito che lotta con la curiosità di toccare, vedere, capire.
L’altra cosa è il terremoto stesso. Ieri sera, dopo cena l’ho sentito chiaramente per la prima volta, ero seduto, stavo fumando una sigaretta rilassandomi dopo la lunga giornata, nessuna scena di panico, ma il rumore di qualche casa in lontananza che “finiva di cadere”, le case pur a distanza di sicurezza che oscillano sono qualcosa che si descrive male.
Riesco difficilmente a descrivere lo stato d’animo che avevo dentro ieri sera, dire che è qualcosa che ti fa sentire semplicemente che non sei niente. Questo è quello che ha lasciato a me, la sensazione di essere intontito, azzerato, inutile ed impotente, una sensazione che poi si supera solo con il fare, con il programmare, progettare… ecco perchè la maggior parte delle persone che hanno subito il terremoto non vogliono andarsene e pensano già a come ricostruire, proprio perchè non puoi dominare ne gestire la terra che trema, puoi solo proiettarti verso il fare, non puoi accettare di scappare perchè questo vorrebbe dire rendersi davvero conto di quanto siamo impotenti, l’unica risposta è immaginare il futuro ed occupare la testa in questi progetti sperando di occupare presto le mani nel renderli realtà.
su esserecomunisti del 11/04/2009