treni_merci2Ora si parla di morti “statisticamente accettabili”
di Ugo Boghetta, Responsabile nazionale Lavoro PRC, su Liberazione del 04/07/2009
Non si è ancora dissipato il fumo dell’incidente di Viareggio e già si sta alzando quello che sarà più persistente: il balletto delle responsabilità. Eppure è questo scarica-barile la chiave per comprendere i problemi della sicurezza ferroviaria. Ognuno dice che i controlli li ha fatti e che, quelli decisivi, li doveva fare qualcun altro: l’azienda americana, la società che ha fatto la revisione, le Fs, l’Autorità. Hanno tutti ragione, ma proprio qui sta il punto. Affermo ciò raffrontando le discussioni in Commissione Trasporti della Camera di cui ho fatto parte fino al 2001, periodo in cui si è in larga parte svolto il processo di liberalizzazione delle ferrovie italiane: merci prima e poi passeggeri, fino al tragico evento di questi giorni. Accanto a questi procedimenti che avanzavano sotto la spinta di forzature italiane che andavano oltre le stesse direttive europee – siamo fra i più liberalizzati d’Europa – va messa in risalto la ricaduta delle medesime sui cambiamenti del modello di gestione delle Fs spa. Mentre sul primo versante si gettavano le basi per l’entrata sui binari di aziende diverse da Trenitalia, sul versante dell’azienda si operava una fortissima attenzione alla riduzione dei costi. Riduzione dei costi che è uno dei due fattori di aumento dei rischi per la sicurezza.
Questo riguardava ovviamente le new entry ma anche l’impresa pubblica. L’ossessione centrale è stata ed è il deficit di bilancio aziendale e statale in vista della liberalizzazione e della competizione che si annunciava. Si è proceduto per questa via alla riduzione del personale – oltre il 50% – e all’introduzione di tecnologia che, come è noto, va bene quando tutto funziona, ma sono guai quando qualcosa s’inceppa. Si sono modificati i tempi di controllo e revisione del materiale rotabile e fisso. In buona sostanza si è passati da un controllo puntuale ad uno statistico e a campione. E’ in questo combinato disposto che sono scomparsi ferrovieri che controllano sistematicamente i binari. E non solo quelli. Inoltre, sempre, per i medesimi motivi, si è proceduto alla chiusura delle officine per esternalizzare le manutenzioni. Si è altresì disgregata, a causa dello spezzatino aziendale, l’organizzazione che centralizzava tutta una serie di controlli. Ciò è stato anche accompagnato da un’idiozia europea: la concorrenza sui binari aiuterebbe l’alternativa all’auto e ai Tir. Ora l’auto e i Tir stanno vincendo ovunque; alla faccia degli obiettivi di Kyoto. Questa politica è stata condivisa da tutti: da destra ai Verdi, a Di Pietro (Ministro). Tutti accumunati dallo slogan: privato è bello ed efficiente.
Contemporaneamente i governi, tutti, hanno provveduto a ridurre i soldi alle ferrovie: dalla manutenzione al contratto di servizio per i pendolari. L’Alta Velocità, con i suoi enormi costi, è stata una delle ragioni forti di questi tagli. E’ esattamente tutto questo marchingegno che non funziona in un settore atipico come le ferrovie: non sono né il trasporto aereo, né un’autostrada, né il trasporto urbano. Il trasporto ferroviario è un sistema in cui binari, vettori e gestione del traffico sono tutt’uno. La sicurezza ferroviaria non è solo la sicurezza dei singoli fattori ma, ancor più, il complesso della gestione. Il trasporto ferroviario è un sistema, la sicurezza deve essere un sistema. I controlli per questi motivi non possono essere “una tantum” delegati a istanze esterne o autorità che spesso agiscono con verifiche solo cartacee e formali. I controlli devono far parte dell’ordinaria gestione. La sicurezza deve essere intrinseca all’attività quotidiana: non a campione. Non funziona, ed i fatti lo dimostrano, l’esternalizzazione delle manutenzioni, né come riduzione di costi né per l’aumento della qualità. Solo i lavoratori vengono pagati meno. Per lo stesso motivo la concorrenza sui binari è ridicola e si trasformerà in un regalo di concessioni a prezzo politico (al tempo si davano tangenti) ai privati: costi pubblici e profitti privati In virtù di queste considerazioni è necessario individuare bene le controparti.
Per quanto siano odiosi, da condannare e da combattere, i comportamenti dell’AD Moretti, verso De Angelis, ad esempio, ma anche contro i macchinisti ed i lavoratori in genere, testimonianze di una gestione autoritaria, queste sono l’effetto non la causa. Moretti si prepara alla concorrenza a Montezemolo con la militarizzazione di una categoria che, peraltro, in virtù di tutte le trasformazioni sempre meno si riconosce come tale. Del resto Montezemolo può entrare sui binari ma ancora non si sa con quale contratto normerà i suoi dipendenti. A proposito di regole.
Non siamo più ai tempi in cui la politica ferroviaria la faceva oggettivamente le Fs e quella dei trasporti la Fiat. La seconda è rimasta, la prima non più. Sono i governi e il Parlamento che quasi all’unanimità hanno approvato e approvano il processo di liberalizzazione ed ora piangono lacrime di coccodrillo sui morti. E’ questo che va denunciato. E’ la liberalizzazione che va battuta. Forse la proposta più appropriata per uscire da questa situazione è perseguire obiettivi sociali ed ambientali legati alla necessità del cambiamento del modello di mobilità è pensare ad una sola grande ferrovia europea. Ed il ritorno alla sicurezza come bene comune e non come calcolo statistico, ovvero pensando ad numero di incidenti accettabile! I morti di Viareggio sono un numero statisticamente accettabile? Ci rispondano!