di Antonio Fraschilla (La repubblica Palermo, 23.10. 2015)
In prima fila ai convegni antimafia, sostenitori «della svolta in Confindustria» portata avanti da Antonello Montatne e Ivan Lo Bello, imprenditori antiracket da quando hanno denunciato una richiesta estorsiva in Calabria. Eccolo qui il lungo curriculum di Concetto Bosco e Mimmo Costanzo, quest’ultimo anche ex assessore nelle giunte Bianco della Primavera. I due «nuovi e puliti cavalieri del lavoro», come li chiamavano a Catania, agli arresti per mazzette all’Anas all’interno di un’indagine che sta creando imbarazzo nei palazzi del potere etneo e non solo, considerando i buoni uffici che entrambi avevano nei salotti che contano. A cogliere questa «influenza» di Costanzo e Bosco è stato subito il capogruppo di Forza Italia all’Ars, Marco Falcone: «L’antimafia del pensiero dominante radical chic sta cadendo pezzo dopo pezzo—dice—i nuovi “cavalieri del lavoro” catanesi, tutti in prima fila nei convegni sulla legalità e sull’antimafia, vicini a politici di sinistra di primissimo piano,e ai più alti ambienti confindustriali siciliani, oggi finiscono alla sbarra. Fatto gravissimo che non solo mortifica il principio di legalità,m anche infrange le aspettative di tanti siciliani onesti».
Ma chi sono i due imprenditori al centro della bufera giudiziaria? Il più noto dei due, perché più propenso alle relazioni pubbliche, è certamente Mimmo Costanzo. La sua carriera inizia insieme al fratello Seby nei primi anni Novanta con la Siciliana Carbolio, che commercializza prodotti petroliferi. Diventa leader dei giovani di Confindustria etnei e lo nota Enzo Bianco, che lo vuole appena trentenne assessore alle Attività produttive nella giunta della “primavera”. Finita l’esperienza politica, Costanzo non rientra con ruoli di spicco in Confindustria e fonda insieme a Bosco l’azienda Tecnis che lui controllerà attraverso la Cogip. In pochi anni l’azienda diventerà leader nel settore degli appalti edili in Italia. Un colosso da un fatturato medio di 350 milioni di euro all’anno e un portafoglio lavori da svariati miliardi. Un colosso dai piedi di argilla, però, con debiti ed esposizioni bancarie che nell’ultimo bilancio chiuso, quello del 2014, sfiorano la cifra di 400 milioni su un fatturato di poco inferiore. Dal Duemila vincono e stravincono decine di appalti in tutta Italia e nel Nord Africa. Vincono anche nel regno della Lega, nel Nord-Est, dove all’inizio non vengono visti di buon occhio. Costanzo e Bosco con la Tecnis in materia di appalti prendono di tutto, anche il project financing della Ragusa-Catania insieme a Santo Campione, ex braccio destro del cavaliere Mario Rendo, al gruppo Maltauro e all’eurodeputato Pdl Vito Bonsignore, cugino dell’ex senatore Pino Firrarello, suocero del sottosegretario Giuseppe Castiglione. Crescono gli affari, cresce il ruolo anche in Confindustria, dove Costanzo ancora oggi siede nel direttivo etneo e in molti sussurrano che sarebbe stato lui a diventare il referente territoriale di Catania nella nuova Confindustria unificata. Voci, dicerie che si rincorrono alle falde dell’Etna, dove di certo c’è che Costanzo era tra i principali esponenti dell’antimafia.
Nel 2010 in un intervento sul Sole24Ore Costanzo si schiera al fianco di Lo Bello: «Io,da imprenditore catanese, penso che la migliore risposta e il più concreto sostegno alla denuncia di Lo Bello si devono dare con i fatti—scrive—ognuno di noi deve fare la sua parte, in un sistema imprenditoriale pulito, che osserva le regole e i modelli di competizione basati su qualità, innovazione e confronto con i mercati internazionali. Ma chi fa impresa in Sicilia ha—oggi più di prima—un dovere in più:emarginare i mafiosi “travestiti” da imprenditori. Ben vengano i codici etici, ben vengano i protocolli d’intesa,ben vengano le espulsioni degli associati collusi con la criminalità». A un giornale tedesco, dice: «La rivolta di sei anni fa (in Confindustria, ndr)ha cambiato il mondo». Sempre Costanzo firma il protocollo della legalità voluto dalla Confindustria per la Agrigento- Caltanissetta per la quale la Tecnis si era aggiudicata un lotto attorno a Porto Empedocle. Ancora nel 2012 è Bosco in prima persona a denunciare una richiesta estorsiva nei confronti della Tecnis in un cantiere in Calabria.
Da Raffaele Lombardo a Montante e Lo Bello, subito arrivano decine di note di sostegno. Partecipa così, poco dopo, alla campagna «con il pizzo chiudiamo tutti» promossa da Addiopizzo. Finanzia le campagne elettorali del centrosinistra alle regionali del 2006, quando candidata governatore era Anna Finocchiaro, mentre Bosco finanzia Nicolò Marino al Senato nel 2013. L’immagine di Costanzo e Bosco non è stata mai scalfita, fino a ieri,e appena tremesi fa all’inaugurazione della darsena del porto di Catania, altra opera fatta dalla Tecnis, insieme a loro c’erano anche il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e Bianco. Nel frattempo però qualcosa stava già iniziando a scricchiolare nell’impero Tecnis. I debiti, i cantieri a singhiozzo, la cessione di appalti, dal collettore fognario di Palermo al lotto della Agrigento- Caltanissetta. E con i nodi economici, stavano arrivando anche i primi problemi giudiziari. Prima degli arresti, la procura di Messina aveva acceso i riflettori su un sospetto di cemento depotenziato al porto realizzato da Tecnis. Oggi il primo sotto shock per quanto accaduto è il sindaco Bianco: «Speriamo riescano a dimostrare la loro estraneità ai fatti contestati, questo è un duro colpo per la città di Catania, visto il loro ruolo imprenditoriale», dice. Per il resto sui due enfants prodige bocche cucite. Lo Bello si limita a una dichiarazione laconica: «Ho letto velocemente i lanci di agenzia e conosco il rigore e l’equilibrio della procura di Roma».Come dire, nulla da spartire.