Verso il pride della “normalizzazione”?
Alcune considerazioni sul pride nazionale di Palermo del 22 giugno.

Suscita  più di qualche perplessità la dichiarazione di Titti De Simone, portavoce del comitato organizzativo del pride di Palermo, la quale ha così presentato in conferenza stampa la manifestazione : “Il nostro obiettivo è trasformare un momento straordinario come questo Pride, il più a sud di tutti i tempi, in un momento di normalità”.
Già da tempo avevamo constatato  come l’assenza di conflittualità nelle perfomances di piazza contemporanee, si pensi  ad esempio alle inoffensive mobilitazioni globali alla One Billion Rising, avesse nel giro di qualche anno trasformato manifestazioni come i pride in inutili kermesse con tanto di patrocinio comunale o presidenziale, ma non ci aspettavamo addirittura una programmatica dichiarazione di resa al clima di pacificazione nazionale, inaugurato dalle grandi intese che governano la transizione in una gigantesca operazione trasformistica, in atto tanto a Palazzo d’Orleans quanto a Palazzo Chigi, con la benedizione rispettiva del presidente “rivoluzionario” Crocetta o del monarca repubblicano Napolitano.
No, noi non siamo normal* , non vogliamo andare “oltre le differenze” ma le vogliamo anzi orgogliosamente manifestare, non violente r/esistenze alla violenza di un sistema che, con il ricatto della crisi, sta attentando materialmente alla vita di milioni di donne e di uomini, proprio ora e proprio qui  in Sicilia dove avrà luogo il “pride più a sud della storia”, come può permettersi di affermare solo chi ha una visione del mondo ristretta alla geografia nazionale.
Una Sicilia che ha una storia ultradecennale di occupazione dell’esercito della potenza militare più grande del mondo, nei cui disegni neocoloniali la nostra bellissima isola diventa un avamposto strategico per il controllo totale di una vasta area del globo. Mentre a Niscemi la  resistenza pacifica NO MUOS si oppone quotidianamente  all’installazione del mostruoso e mortifero impianto radar, in grado di telecomandare a distanza le missioni di morte tanto dei famigerati droni quanto di ogni singolo militare, schierato in uno dei tanti teatri che la guerra permanente minaccia di aprire in nord Africa come nel vicino medio oriente, gli organizzatori del pride palermitano non trovano di meglio da fare che raccogliere il patrocinio, oltre che della Regione siciliana e della sua ormai socia CONFINDUSTRIA, anche dell’AMBASCIATA USA.
La lotta al patriarcato e all’istituzione sociale della norma eterosessuale dominante costituisce elemento irrinunciabile della nostra soggettività politica, in quanto gay , lesbiche , trans gender e transessual*, come l’orgoglioso rifiuto degli schemi sessisti e militaristi di oppressione e dominio.
Per questo motivo, questo pride dei patr-ocini e della normalità non ci piace, sarà forse utile a puntellare carriere politiche pericolanti o a consolidare nuovi o vecchi narcisismi , ma non gioverà certo alle nostre lotte, che per noi non costituiscono soltanto una ragione di vita, ma le nostre stesse, irriducibili e differenti vite.

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