Sinistra unita con Vendola: il fallimento politico di una lista unitaria a sinistra.
Il risultato elettorale della lista Sinistra unita con Vendola è frutto di un accordo politico fra Federazione della Sinistra (Rifondazione Comunista e Giovani Comunisti) e Sinistra Ecologia e Libertà. Un progetto unitario che ha portato all’ottenimento di oltre mille e cinquecento voti, al superamento della soglia di sbarramento del 5% e il conseguimento, secondo la legge elettorale, di tre seggi in consiglio comunale. L’apporto di Fed, con i suoi oltre cinquecento voti, è stato fondamentale, nonostante i primi tre eletti, Garofalo, Mustile e Cilia, siano iscritti a Sel. Il progetto unitario imponeva la rappresentanza di entrambi i gruppi. Politicamente, il progetto di unità a sinistra è saltato. L’accordo stipulato con gli elettori, sui termini del programma elettorale, rispettava contenuti e progetti. Nella pratica ciò si è tramutato in un maldestro tentativo di accaparramento di incarichi e prebende, tradendo il consenso espresso dagli elettori.
Cronologicamente, per gli attenti interessati alla politica locale, è stato un susseguirsi di espressioni di interessi organici a posti e cariche: dall’immediato momento conseguente al primo turno, in cui un documento privato inviato da dirigenti di Sel al Pd (chiedere all’attuale segretario per conferma), chiedeva ruoli consistenti nel governo della città, come l’incarico di vice – sindaco successivamente affidato a Salvatore Garofalo.
In seguito le richieste di presidenze nelle commissioni consiliari, della presidenza del consiglio comunale, nei ruoli di governo degli enti Emaia e Vittoria Mercati e della ex Sogevi (praticamente in ogni spazio possibile e immaginabile).
Una pratica lontana anni luce dalla buona politica, dalla discontinuità con il governo precedente della città denunciata in campagna elettorale, dall’interesse pubblico di buon governo. La richiesta di incarichi, senza le dovute garanzie programmatiche e politiche è stata la rappresentazione del fallimento dei propositi della campagna elettorale e dei termini dell’accordo fra le due forze. Il consenso delle urne è stato impugnato come arma di ricatto, non come base di allargamento e strumento di politica del consenso.
Le dimissioni di Salvatore Garofalo aprono un precedente: la scelta di blindare la presenza di Sel in consiglio comunale è chiara espressione di una prassi politica. Le dimissioni sono state un atto dovuto celebrato trionfalmente: in realtà è la sola presa di posizione che un amministratore può avere nel rispetto della legge. Ma, eticamente, un serio e capace uomo politico, non avrebbe dovuto considerare l’incompatibilità già in aprile, quando la legge n°6/2011 già la esprimeva?
Il ritardo nelle dimissioni è stato un tentativo di prolungare ulteriormente i tempi, nella dimenticanza di ogni prassi sinistrorsa che rivendica il valore della progettualità politica a discapito degli individui.
Il fallimento politico è stretto parente del fallimento amministrativo: in sei mesi l’atto più significativo è stata la premiazione di Garofalo ad Aldo Serena all’Oscar del Calcio, manifestazione contestata vigorosamente nella precedente campagna elettorale. Invece, la delega ampia allo stesso per organizzare la raccolta differenziata si è rivelata un fallimento. Persino la regione Sicilia, aspramente criticata per l’operato in materia ambientale, ha bocciato il progetto vittoriese.
Da mesi Rifondazione Comunista e i Giovani Comunisti, proponevano un progetto alternativo a quello di Sel, sempre cassato e accusato di ideologismo.
Rc e Gc denunciano l’incoerenza fattuale di una lista che ha riscosso consenso in un elettorato che chiedeva un reale cambiamento: il mandato elettorale è stato tradito. Le logiche di potere hanno sovrastato la progettualità democratica. Non per colpa di chi, in un progetto di sinistra, ha sempre creduto e continuerà a credere, dandone quotidianamente prova.