Al presidente della Repubblica
Al presidente del CSM
 E p. c.  Procura della Repubblica di Catania
Il Porto di Catania, già definito in un dossier alla Commissione Nazionale  Antimafia come “Porto delle Nebbie”, è stato oggetto  negli ultimi 15 anni di  una serie di  interrogazioni parlamentari ed esposti alla procura della repubblica di Catania, che non hanno però potuto diradare alcuna delle molte “nebbie”.
Con Decreto n. 509 del 2 dicembre 1997,  il Presidente della Repubblica liberò dalle lungaggini burocratiche i procedimenti  concessori per la nautica da diporto,  adeguando l’Italia agli altri Paesi europei su tale importante settore.
 Nei giorni scorsi il TAR di Catania, ha accolto una delle richieste di concessione demaniale per la realizzazione di un porto turistico.
E’ questa la conclusione di un lungo, tormentato e, crediamo, molto irregolare, iter durato 9 anni.
L’ 8 giugno 2001 l’autorità portuale di Catania aveva richiesto al comune di Catania di avviare la procedura prevista dal DPR n. 509/1997 per l’esame e l’approvazione di cinque domande di concessione di parti del demanio marittimo allo scopo di realizzarvi strutture dedicate alla nautica da diporto.
In applicazione dell’art.5 del  DPR n. 509/1997,  il sindaco di Catania indisse per il 30 ottobre 2001 una apposita conferenza dei servizi per esprimere un parere sulle richieste presentate, anche, e soprattutto, sotto il profilo del rispetto delle previsioni urbanistiche e della compatibilità ambientale delle opere proposte.
Alla conferenza dei servizi furono invitati la Regione, il Comune, la circoscrizione doganale, il genio civile, la Sovrintendenza ai BB. CC. AA., l’ufficio del territorio del Ministero delle Finanze, il comando provinciale dei Vigili del Fuoco  ed altre autorità interessate. 
Il comma 6 dell’art. 5 del DPR n. 509/1997 assegna alla conferenza dei servizi il compito di decidere sulle istanze rigettandole ovvero individuando, con provvedimento motivato, l’istanza ammessa alle successive fasi della procedura.
Prima della riunione della conferenza dei servizi, in data 23 ottobre 2001, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici aveva inviato al Comune di Catania, VI Area Funzionale ed all’autorità portuale una nota  con la quale comunicava che, da una preliminare istruttoria tecnica della documentazione relativa ai progetti presentati, era emersa una evidente difformità con le previsioni della pianificazione portuale vigente.
La riunione della conferenza dei servizi, come risulta dai verbali della seduta, registrò un dissenso pressoché unanime sulle 5 domande di concessione demaniale presentate.
L’ing. Lentini, dell’Autorità Portuale di Catania, aveva introdotto i lavori comunicando che tutti e cinque i progetti proposti risultavano difformi dal vigente PRP di Catania, che destina la darsena, nei cui confini generali ricadono i progetti, alle unità d’altura della marineria locale ed in via residuale alle unità minori da diporto.
L’ing. Luigi Asero, del comune di Catania, comunicava che era pervenuta la lettera del Consiglio Superiore dei LL. PP. che giudicava i progetti presentati difformi dalle previsioni della pianificazione portuale vigente.
L’ing. Lorenzo Ceraulo del Genio Civile, manifestava dubbi sulla procedura avviata, in quanto i progetti presentati erano difformi dal Piano Regolatore Portuale.
L’ufficiale Vincenzo Andò del Comando Provinciale dei VV. FF. di Catania aveva espresso parere contrario sui progetti presentati.
L’arch. Caffo della Sovrintendenza di Catania aveva rappresentato l’esigenza di lasciare fuori dal porto turistico il torrente Acquicella e di assicurare il completo rispetto della legge Galasso n. 431/1985. 
L’arch. Musumeci della 22° Direzione Gestione del Territorio del comune di Catania riteneva i progetti presentati largamente inadeguati per gli impatti negativi  sulle zone contermini.
Nonostante molti autorevoli pareri contrari, la conferenza dei servizi non arrivò all’unica conclusione possibile di rigettare le richieste avanzate, ma venne interrotta dal rappresentate del comune di Catania, assessore Giovanni Ciampi, che sospese la seduta.
Dal 30 ottobre 2001 la conferenza dei servizi per esaminare le cinque istanze di concessione demaniale per la realizzazione del porto turistico, per diversi anni non è stata riconvocata, lasciando così sospesa una procedura, che la legge vuole di garanzia e di trasparenza nell’intraprendere una decisione molto rilevante per una città come Catania.
Successivamente l’1 settembre 2004, il sindaco di Catania convocava una nuova conferenza dei servizi nella quale richiedeva alle cinque società di “rimodulare” i progetti presentati sulla base di una proposta di Piano Regolatore del Porto approvata dall’Autorità Portuale, ma non vigente, perché in attesa del parere obbligatorio del consiglio comunale.
Il sindaco di Catania palesemente così violava la legge n. 84 del 28 gennaio 1994, di riordino della legislazione in materia portuale, che all’art. 5 comma 3, espressamente prevede che nei porti “nei quali è istituita l’autorità portuale, il piano regolatore è adottato dal comitato portuale, previa intesa con il comune o i comuni interessati………… Il piano è quindi inviato per il parere al Consiglio superiore dei lavori pubblici, che si esprime entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell’atto. Decorso inutilmente tale termine, il parere si intende reso in senso favorevole.
Ma l’8 novembre 2007 la IV commissione consiliare del comune di Catania, alla unanimità, esprimeva parere negativo sulla proposta di PRP avanzata dall’Autorità Portuale, rispedendola al mittente perché sovradimensionata, ad alto indice di fabbricabilità e poco consona alle funzioni proprie di un porto commerciale e turistico.
A distanza di 9 anni dalla sospensione della conferenza dei servizi, su richiesta di una delle imprese che avevano avanzato domanda di concessione, il TAR di Catania nominava un commissario ad acta, nella persona dell’ex comandante della Capitaneria di Porto, che aveva già partecipato da militare in servizio alla conferenza dei servizi del 30 ottobre 2001 ed era quindi ben consapevole dei pareri contrari lì manifestati da diverse autorità.
Al commissario ad acta è stato assegnato il compito di completare la procedura e di dare una risposta alle  richieste di concessione demaniale giacenti dal 2001.
In realtà il commissario da acta, si è sostituito alla conferenza dei servizi prevista dall’art 5  del DPR n. 509/1977, ha nominato un perito tecnico eh ha quindi  dichiarato accolta uno dei progetti, in particolare quello avanzato dalla Acqua Marcia s.p.a., che egli ha definito come “maggiormente idoneo il progetto della Soc. Dell’acqua Pia Antica Marcia per azioni a soddisfare in via combinata gli interessi pubblici alla valorizzazione turistica ed economica della regione, alla tutela del paesaggio ed alla sicurezza della navigazione”.
Detto commissario non solo ha assunto le funzioni di una conferenza dei servizi composta da Regione,  Comune di Catania, Circoscrizione Doganale, Genio Civile, Sovrintendenza ai BB. CC. AA., ufficio del territorio del Ministero delle Finanze, comando provinciale dei Vigili del Fuoco,  ed altre autorità interessate, ma ha addirittura dimenticato tutti rilievi che fin dall’inizio avanzarono queste autorità nella prima riunione del 30 ottobre 2001.
Il TAR ha quindi accolto la domanda di concessione relativa ad un progetto, quello della Acqua Marcia s.p.a. che, in totale difformità del Piano Regolatore del Porto, prevede l’edificazione di 400.000 mc di centri commerciali ed alberghi, e, per creare gli spazi necessari al mega porto turistico, l’ampliamento dell’attuale area del porto, espandendolo verso sud, e, per fare ciò ha presentato persino una planimetria alterata dello stato di fatto, “spostando” il torrente Acquicella, dal suo corso attuale e tombandolo, in aperta violazione della legge Galasso n. 431/1985, creando un grave rischio di dissesto idrogeologico per l’intera zona circostante.
Possibile che il commissario, esperto conoscitore dell’area portuale si sia fatto ingannare, ritenendo idoneo un progetto che prevede opere al di fuori del PRP e, soprattutto basato su una planimetria non veritiera dello stato di fatto dei luoghi?
Ci saranno certo altre sedi per valutazioni di merito, ma certo il danno che ne avrebbe la città sarebbe enorme e, soprattutto irrimediabile, perché si trasformerebbe un’area di pubblico servizio e di grandi potenzialità economiche, come il porto di Catania, in un immenso centro commerciale privato.
A seguito della decisione del TAR, si registra oggi, tardivamente il dissenso dell’attuale sindaco di Catania e di quella stessa Autorità portuale, corresponsabile dell’irregolare prosecuzione del procedimento.
Noi, cittadini catanesi interessati al futuro della nostra città ed ad un rispetto della legalità che non sia solo di maniera, ci rivolgiamo alla SS. VV. , affinché  impediscano che Catania sia scippata del suo porto e delle sue possibilità di sviluppo, attraverso il compimento delle gravi irregolarità descritte.
Partito della Rifondazione Comunista
Federazione di Catania
 Il responsabile politiche comunali     Marcello Failla                                                                                                                            
 Il segretario provinciale  Pierpaolo Montalto