CATANIA
La lotta degli operai Sat: «La fabbrica non deve chiudere»
Occupata da febbraio, è fornitrice della StM. In 100 hanno creato una coop che progetta la riconversione
Antonio Sciotto
Il sogno degli operai non ha confini geografici: e a Catania c’è una storia in tutto simile a quello che sta accadendo alla Innse di Milano, o alla inglese Vestas. Protagonisti sono 164 tute blu, età media 30 anni, che si oppongono alla chiusura della loro fabbrica. La Sat di Aci Sant’Antonio, ex produttrice di gettoni telefonici e monete in lire, da diversi anni si è convertita in fornitrice della StMicroelectronics, che possiede un polo di elettronica alle porte della città etnea: produce dissipatori di calore per le schede dei computer, ma ultimamente ha diversificato i comittenti, rifornendo anche la Magneti Marelli, la Ave (interruttori), la Silca (chiavi). Ma con la crisi della StMicroelectronics, non c’è stato scampo, e i proprietari, la famiglia romana Paoluzi, hanno deciso la chiusura.

La doccia fredda è arrivata lo scorso febbraio: «Ci hanno comunicato che avrebbero chiuso la fabbrica e messo tutti gli operai in cassa integrazione a zero ore, verso la mobilità – spiega Nunzio Cinquemani, delegato della Fiom Cgil – Hanno aperto la liquidazione presso il tribunale, e di recente il giudice ha autorizzato lo smantellamento e la vendita di tutti i macchinari. Ma noi in febbraio, quando è stata interrotta la produzione, abbiamo cominciato a occupare lo stabilimento: non vogliamo che chiuda». Gli operai stanno alla Sat 24 ore su 24: 4-5 persone per volta, con turni di 4 ore.
La Sat in realtà non rifornisce la StM di Catania, ma le sedi di Malta e Casablanca, come anche – fino a qualche anno fa – alcune filiali asiatiche. Ma nel 2001 ha cessato di esportare a Oriente, poi nel 2005-2006 la StM di Casablanca è stata a sua volta delocalizzata in Cina, e così è sopravvissuto solo il grosso delle forniture per Malta. Nel frattempo, però, è stata costruita una grossa officina interna che ha intercettato committenti diversi, e così la Sat ha potuto sopravvivere, pur dovendo ridurre il personale rispetto ai 250 addetti del periodo più florido.
La settimana scorsa la proprietà ha cercato di entrare, accompagnata da carabinieri e Digos, ma gli operai hanno impedito l’accesso. E’ scattata così una denuncia penale per 44 tute blu, e un procedimento disciplinare, che potrebbe dar luogo al licenziamento: i lavoratori potrebbero perdere così tutti gli ammortizzatori sociali e il diritto alla mobilità (fino a febbraio prossimo percepiscono un assegno di cig di circa 800 euro al mese). Ieri è arrivata anche la solidarietà di Gianni Rinaldini, segretario Fiom.
La famiglia Paoluzi intende vendere i macchinari alla Interplex, multinazionale Usa, e i due gruppi riprodurrebbero una nuova Sat in Cina. «Non è giusto – dice Cinquemani – la gran parte dello stabilimento è stata tirata su grazie ai fondi pubblici della 488, che giusto quest’anno hanno rifiutato per poter avere mano libera. Ma noi abbiamo formato una cooperativa di 100 operai, e vogliamo specializzare la Sat per i committenti più recenti, e insieme avviare una produzione di fotovoltaico». Ma ai lavoratori catanesi adesso servono contatti e soprattutto soldi per realizzare il loro sogno.